L’ADHD, ovvero Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder (in italiano “sindrome da deficit di attenzione e iperattività”), viene definito dal manuale statistico dei disturbi mentali (DSM), come un disturbo dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da inattenzione e/o impulsività. Di ADHD si sente spesso parlare nel mondo della scuola, in riferimento a bambini che hanno difficoltà a seguire le lezioni in modo proficuo, poiché non riescono a mantenere la concentrazione per un tempo sufficiente, oppure non sono in grado di essere sufficientemente tranquilli da stare seduti al proprio banco senza avere l’impulso di alzarsi. Ma qual è la verità sull’ADHD?
L’ADHD E IL CONCETTO DI NORMALITA’
A differenza di quanto possa sembrare, definire la normalità non è così semplice. Cosa significa dire che un bambino è normale? Che è nella media della sua età rispetto ad alcuni parametri? O che sta bene dal punto di vista della salute (fisica, psicologica, etc…) anche se è diverso, per qualche motivo, dai suoi coetanei?
I bambini che ci obbligano a riflettere sul concetto di “sviluppo normale” e sugli strumenti con cui la ” normalità ” viene definita e misurata, sono sempre esistiti, tanto che anche in passato si è più volte tentato di individuare una causa dell’”anormalità”, quando presente: alcuni professionisti del settore parlavano di paralisi cerebrale minima (PCM), quindi di bambini ” neurotipici” e ” neuroatipici”, per poi approdare, alla fine degli anni ’80, alla “sindrome da deficit attentivo” (SDA).
Non bisogna però dimenticare che su tali diagnosi, così come oggi sull’ADHD, il mondo scientifico è sempre stato molto diviso: si può quindi ragionevolmente affermare che diagnosticare l’ADHD non significa stabilire una verità assoluta ed esaustiva, così come individuare il gruppo sanguigno a cui una persona appartiene. In altra parole, non esiste una sola verità sull’ADHD.
UN FILM SULL’ADHD CHE TUTTI DOVREBBERO VEDERE
Il film-documentario di Stella Savino “Adhd Rush Hour”, disponibile gratuitamente on-line, è consigliabile per tutti coloro che desiderino essere informati in modo obiettivo sull’argomento, poiché ha il pregio di mettere in luce la verità sull’ADHD, senza offrire risposte certe e preconfezionate, ma con il solo obiettivo di offrire uno sguardo a 360 gradi sul problema, spiegando le diverse forme in cui si presenta e le diverse posizioni scientifiche sull’argomento, contribuendo ad ampliare il dibattito e ad aiutare l’opinione pubblica a non ad abbracciare una sola verità sull’ADHD.
LA VERITÀ SULL’ADHD (PRIMA)
La verità sull’ADHD di alcuni dei professionisti intervistati, prevalentemente statunitensi, è che si tratta di una malattia del cervello, da curare con farmaci che possano aiutare il bambino a stare più tranquillo durante le lezioni scolastiche, o, all’opposto, a migliorare i suoi livelli di concentrazione.
Il percorso diagnostico, negli Stati Uniti, prevede che gli insegnanti che ravvisano problemi comportamentali compatibili con l’ADHD nei bambini, segnalino alle famiglie i medici a cui rivolgersi per effettuare approfondimenti. Spesso il percorso si conclude con una diagnosi, e altrettanto spesso ne consegue una prescrizione di psicofarmaci, che oltreoceano vengono utilizzati con più frequenza che da noi. Il rischio di un simile modo di procedere è di effettuare diagnosi che, non tenendo in sufficiente considerazione la complessità di un bambino e non valorizzandone gli aspetti positivi, danno luogo a terapie standardizzate, peraltro non prive di effetti collaterali.
LA VERITÀ SULL’ADHD (SECONDA)
Altri professionisti presentano la loro verità sull’ADHD: la patologia descritta dai nel precedente paragrafo è, a loro giudizio, una sindrome aspecifica e dai criteri diagnostici generici, quindi opinabile dal punto di vista scientifico.
Alcuni di coloro che abbracciano questa verità sull’ADHD, estremizzando, ritengono che i criteri diagnostici siano formulati da psichiatri conniventi con le case farmaceutiche, in modo da favorire l’uso degli psicofarmaci. Essi definiscono “disonesti” i professionisti che appartengono al primo gruppo che ho descritto, affermando, senza mezzi termini, che essi antepongono gli affari alla salute della popolazione.
Non è questa la sede per approfondire il tema della connivenza tra mondo scientifico e case farmaceutiche, tuttavia credo che questa verità sull’ADHD, pur interessante, abbracci un’ideologia troppo estrema, che rischia di essere controproducente per i pazienti.
LA VERITÀ SULL’ADHD (TERZA)
Un terzo gruppo di esperti si colloca su posizioni intermedie: pur non negando l’esistenza dell’ADHD come patologia, questi professionisti ritengono che la diagnosi vada formulata in modo serio e rigoroso. Gli eventuali farmaci possono essere sì prescritti, ma ad un numero molto ristretto e selezionato di casi, e sempre in combinazione con un intervento di natura didattica, educativa e psicologica sul bambino e sulla sua famiglia. Questa verità sull’ADHD contribuisce così ad arricchire un dibattito che dovrebbe portare a scelte cliniche ponderate ed orientate al benessere dei pazienti.
APPROFONDIMENTI: ADHD E CULTURA
Oltre alla diversità delle posizioni scientifiche sull’argomento, le differenza culturali sono una variabile che contribuisce a rendere ancora più difficoltosa la ricerca della verità sull’ADHD.
Perché negli Stati Uniti d’America l’ADHD è più diagnosticato che altrove? Probabilmente in tale paese i docenti hanno uno stile di insegnamento che pone l’accento sul raggiungimento del risultato, quindi essi hanno una maggior tendenza a considerare anomali alcuni comportamenti che altrove non sarebbero definiti tali: in altre parole, un bambino che potrebbe essere considerato semplicemente distratto o vivace, oltreoceano potrebbe essere più facilmente considerato affetto da ADHD. Questo significa che gli aspetti culturali ed ambientali hanno un ruolo fondamentale nella diagnosi, pertanto tutti i professionisti ne dovrebbero tenere conto.
APPROFONDIMENTI: DIAGNOSI DESCRITTIVE E DIAGNOSI ESPLICATIVE
Per chiarire ancora meglio la verità sull’ADHD, un chiarimento terminologico è d’obbligo: una diagnosi di ADHD è definita “diagnosi descrittiva”, ovvero una spiegazione dettagliata del tipo di malattia da cui il paziente è affetto. Oltre ad una diagnosi descrittiva, è possibile formulare anche una diagnosi esplicativa, che consiste nel tentativo di spiegare il motivo per cui il paziente ha un determinato problema.
Quando si parla di ADHD, non si tratta di demonizzare le diagnosi descrittive, soprattutto quando sono condotte in modo serio ed approfondito, ma, come afferma la psicoterapeuta Miriam Gandolfi, di affiancarle a diagnosi esplicative, in cui, oltre a dare un nome e a classificare i fenomeni, si cerchi di comprendere l’intreccio di tutti gli elementi in gioco (aspetti individuali, organici e funzionali del bambino, sistema familiare e culturale, sistemi educativi e di aiuto), interrogandosi sulle premesse, anche culturali ed economiche, entro cui una teoria scientifica e le scelte tecniche che ne derivano si sviluppano e vengono divulgate.
Solo in questo modo si può arrivare ad affrontare i problemi in modo efficace, rinunciando a pensare che esista un’unica verità sull’ADHD, ma nella convinzione che più verità sull’ADHD ci consentano di affrontarlo in modo più efficace, perché ci aprono nuove strade e nuove chiavi di lettura al problema.
Per chi desidera approfondire questo tema, consiglio, oltre al film di Stella Savino, i seguenti testi:
- Il bambino nella terapia. Approccio integrato alla diagnosi e al trattamento con la famiglia, di Miriam Gandolfi, Francesco Martinelli; editore:Erickson; collana: Psicologia; anno edizione:
- Considerazioni sull’ADHD da parte di uno psichiatra “di campagna”(Considerations on ADHD by a “field psychiatrist”); rivista: PSICOBIETTIVO; autore: Maurizio Viaro; anno di pubblicazione: 2012; fascicolo: 2.
- Mis-Understanding ADHD: The complete guide for parents to alternatives to drugs; by Sami Timimi. Lingua: inglese.
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