La fobia scolare è un disturbo che compromette la normale frequenza scolastica. Presenta vari sintomi, tra cui l’assenteismo dalla scuola, paura del confronto con i pari e ansia da valutazione. Qualora un ragazzo manifesti alcuni dei suddetti segnali, questi dovrebbero essere considerati “campanelli d’allarme” per genitori e insegnanti. E’ necessario che la famiglia non sottovaluti la situazione, pensando che si tratti di una problematica passeggera, ma al contrario che si rivolga per tempo ad uno specialista, quale lo psicologo (scolastico o clinico privato).
RAPPORTO TRA PSICOLOGO SCOLASTICO, COLLEGHI E SCUOLA
Secondo il dottor Edoardo Perini, lo psicologo scolastico dovrebbe mantenere sempre un clima di collaborazione con gli insegnanti; dovrebbe lavorare in sinergia con loro, mantenendoli parte attiva nella risoluzione di tutti gli aspetti problematici degli alunni, tra cui la fobia scolare. È necessario che i docenti creino sempre un clima accogliente a scuola per i ragazzi, ma anche che pongano loro dei limiti, i quali risultino fortemente motivanti; per esempio, i docenti si potrebbero dichiarare disposti ad accettare un certo numero di assenze, oltre il quale si rischierebbe la bocciatura. In generale, la scuola oggi tende a favorire i ragazzi in difficoltà attraverso accorgimenti a loro favore. Trattandosi di ragazzi in età evolutiva, tutte queste misure sono importanti ma dobbiamo fare in modo che esse vadano esaurendosi nel tempo, senza stabilizzarsi. Dunque, si potrebbero concordare con il ragazzo dei tempi di recupero, in modo che possa risolvere il problema della fobia scolare progressivamente. Lo psicologo scolastico ha anche un compito di prevenzione rispetto al problema; specialmente quando lavora con bambini piccoli, deve lavorare per evitare che si ricrei in futuro.
La collaborazione con la scuola è fondamentale, sfruttando le possibilità che essa offre, ad esempio la possibilità di coinvolgere i docenti nei colloqui; non sono però presenti risorse per effettuare una psicoterapia. In alcuni casi, risulta necessario approfondire il trattamento del problema di fobia scolare presso un collega privato: egli lavorerà per la stabilizzazione dei risultati ottenuti, obiettivo fondamentale di tutta la psicologia.
IL COINVOLGIMENTO DEI FAMILIARI NELLA TERAPIA ALLA FOBIA SCOLARE
In molti casi, i familiari sono estremamente preoccupati per la situazione problematica, sia nel caso di bambini piccoli in età scolare che nel caso di adolescenti. Di conseguenza, è sempre importante coinvolgere l’intero nucleo familiare nella terapia: infatti, tutti i membri possono trarre beneficio a fronte di una risoluzione del problema di fobia scolare. Il percorso psicologico è spesso un’esperienza molto interessante e formativa per tutti, anche per i genitori e fratelli che accompagnano il bambino/ragazzo in questo difficile momento evolutivo.
Sia il Dott. Perini che il Dott. Schneider concordano sul fatto che la fobia scolare non deve essere considerata come un problema individuale di vulnerabilità, ma piuttosto come l’esito di dinamiche relazionali e familiari complicate. Secondo Schneider le linee educative incoerenti dei genitori possono rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di sintomi della fobia scolare. Lo psicologo può aiutare i familiari a vedere la tipologia di dinamiche agite sia dal figlio che soprattutto dai genitori. Nel percorso psicologico si può riflettere sulle conseguenze di particolari scelte comportamentali e si può anche riconsiderare il proprio modo di stare in famiglia.
Ciò aiuta certamente soprattutto l’adolescente ad affrontare nel modo migliore un’età già di per sé complessa. Il dottor Perini pone l’attenzione anche sui casi in cui il ragazzo si rifiuta di partecipare alla terapia per la fobia scolare: l’idea di intervento non è mai quella di costringere il giovane a partecipare, anzi. In queste circostanze è invece preferibile lavorare con i genitori per cercare di capire i motivi che spingono il figlio a non presentarsi. Il punto da cui parte la terapia è che se il ragazzo non vuole partecipare, deve avere delle specifiche motivazioni personali e relazionali, in particolare nel rapporto con gli adulti. Per lo psicologo, non si tratta mai di un generico disinteresse o pregiudizio verso la psicologia.
CERTIFICATO SCOLASTICO COME COMPROMESSO
La fobia scolare ha dei risvolti istituzionali e, di fronte alle ripetute assenze, la scuola richiede sempre più spesso di avere un certificato che attesti la presenza di un reale disagio emotivo e psicologico.
Sia Schneider che Perini riconoscono che la questione nel complesso non è semplice: i ragazzi rischiano l’anno scolastico anche se bravi a scuola e con buone capacità. Inoltre, lo psicologo non può colludere con le richieste che arrivano, talvolta anche in modo improprio, dalla scuola o dai genitori.
Il Dott. Schneider propone che lo psicologo possa attestare il fatto che il ragazzo abbia dei problemi tali per cui si può andare in deroga con il numero delle ore di assenza totale; al ragazzo però è chiesto di partecipare con costanza ed impegno ad un percorso di terapia per conoscere le ragioni che sostengono il suo disturbo e per poter attuare un cambiamento. Il certificato può essere quindi un aiuto, ma ha senso produrlo solo alla fine dell’anno scolastico: se si producesse durante il percorso, il ragazzo potrebbe comunque continuare a non andare a scuola e rischierebbe così di essere valutato negativamente dai docenti.
Le tempistiche della presa in carico del ragazzo e della sua famiglia sono anch’esse molto importanti. Se la richiesta di aiuto arriva infatti intorno alla fine primo quadrimestre (come spesso accade), lo psicologo ha il tempo di conoscere la famiglia e di lavorare per impostare le giuste basi per il cambiamento. In questo caso, lo specialista può essere disponibile a redigere un certificato. Se la richiesta invece arriva da una famiglia conosciuta nell’ultima parte dell’anno scolastico, non c’è concretamente né il tempo né la credibilità necessaria alla sua produzione, e su questo è importante non colludere.
CHI CONVOCARE AL PRIMO COLLOQUIO?
L’approccio sistemico relazionale reputa di fondamentale importanza la scelta di chi convocare nelle sedute. Il dottor Schneider consiglia, nei casi di fobia scolare, un primo colloquio solo con i genitori: ritiene infatti che sia utile parlare una prima volta solo con loro per capire “tra adulti” come si organizzano le dinamiche e come funzionano le cose in famiglia. Il messaggio che passa, strutturale e rassicurante in particolare per gli adolescenti, è che certamente il ragazzo verrà ascoltato ed il suo parere verrà sentito, ma in un momento successivo.
Per Edoardo Perini, la scelta su chi convocare è influenzata dal contesto da cui proviene la domanda: in qualità di psicologo scolastico, se la domanda è posta dai docenti allora essi verranno convocati al primo colloquio assieme alla famiglia. Se la domanda invece proviene dalla famiglia, si valuta un’eventuale convocazione del docente a scuola. In studio privato, non si prende mai in considerazione la possibilità di convocare il docente al primo colloquio. Il punto da chiarire è la convocazione del paziente con sintomi da fobia scolare: meglio non coinvolgere alla prima seduta un bambino piccolo, mentre è opportuno farlo con un adolescente perché il suo parere è fin da subito un elemento arricchente della conversazione.
In conclusione, è importante che l’istituzione scolastica si mostri disponibile a riconoscere nella fobia scolare un reale disturbo, collaborando alla terapia ed accettando di ricevere il certificato rilasciato dallo specialista secondo le modalità più sopra indicate. Inoltre è fondamentale che l’intero nucleo familiare in primis sia disposto a metter in discussione le proprie dinamiche interne e, successivamente, partecipi attivamente alla terapia, supportando il ragazzo.
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